Fitwalking

 

C’è un modo di camminare che allena la coordinazione, il respiro e la resistenza, ma permette anche di immergersi nello spazio circostante e recuperare un rapporto sano con gli elementi della natura. Si chiama fitwalking: non un semplice “far due passi” ma una disciplina sportiva a metà tra la camminata e la marcia. Come il nome suggerisce, l’attività non nasce con obiettivi competitivi, ma si propone piuttosto di migliorare il benessere psicofisico di chi la pratica: un aspetto, quest’ultimo, particolarmente rilevante nel caso di persone con disabilità visiva, che possono praticare il fitwalking in assoluta sicurezza e con risultati pienamente soddisfacenti. L’esperienza della nostra Polisportiva ne è una dimostrazione.

Gruppo di atleti praticano fitwalking. Non vedenti con guide

Da tempo infatti esiste un gruppo di camminatori che si ritrovano settimanalmente al parco Ruffini, luogo ideale per questo tipo di esperienza. Chi non vede cammina affiancato da una guida vedente. «Esistono diversi modi per mantenere il contatto – racconto Elena Martino, istruttrice di fitwalking della Polisportiva – In alcuni casi l’atleta non vedente percepisce i movimenti della guida attraverso una cordicella della lunghezza di mezzo metro. Altre volte semplicemente si cammina vicini ed è sufficiente un leggero contatto del braccio. Ma ciò che conta davvero è che tra i due si costruiscano affinità e fiducia. Bisogna che si crei, in ogni senso, un passo comune». La guida ha una responsabilità non da poco. Con i suoi movimenti, ma talvolta anche con la voce, deve fornire alla persona cieca informazioni precise sulla natura dello spazio circostante, prestando attenzione a potenziali inciampi come gradini o imperfezioni del terreno. «In più – aggiunge l’istruttrice - credo sia importante dare anche qualche indicazione sugli elementi naturali e paesaggistici, così da favorire una piena immersione nell’ambiente».

Atleta non vedente pratica fitwalking accompagnato da istruttore con cordicella

Il fitwalking è un’attività distensiva. Ciascuno trova la sua velocità. In generale non si bada al cronometro. E, camminando, due chiacchiere tra atleta e guida vengono naturali. Ma tutto questo non mette in ombra la dimensione prettamente sportiva, che consente di lavorare anche su alcuni aspetti tecnici «a cominciare dall’appoggio del piede. Le affinità con la marcia sono notevoli». Va sottolineato che, per qualcuno, l’attività non si limita al camminare. Della Polisportiva infatti fanno parte anche atleti con disabilità plurime, disturbi psichici compresi. «In questi casi – spiega ancora Elena Martino – strutturiamo delle sessioni ad hoc che, oltre al fitwalking, comprendono brevi momenti di ginnastica posturale». Fondamentale, inoltre, è l’aspetto dell’orientamento. Laddove necessario, attraverso una serie di richiami vocali e altri esercizi in forma di gioco, l’istruttore aiuta la persona disabile a sviluppare la percezione dello spazio, ma anche le abilità relazionali. Insomma, una proposta davvero al servizio della persona, in tutti i suoi aspetti.

Persona disabile fa esercizi orientamento con istruttrice

Ex velocista della nazionale di atletica leggera (nell’88 ha partecipato alle Olimpiadi di Seul), Elena Martino è istruttrice abilitata di fitwalking dal 2011, ma la sua conoscenza del mondo dei non vedenti è iniziata ben prima, grazie a un amico. Negli anni, si è impegnata come istruttrice di diversi sport aperti ai disabili visivi, compresa l’atletica.